Cenni storici.
Agata, cresciuta in una famiglia cristiana, all’età di 15 anni decise di fare voto di verginità avvenuto con l’imposizione di un velo ad opera del vescovo durante una cerimonia detta “velatio”.
Quinziano, proconsole della città di Catania, si innamorò follemente di Agata e provò ad ogni costo a farle cambiare idea, e dopo averla fatta rapire la affidò in custodia ad una prostituta di nome Afrodisia, affinché, tramite i suoi insegnamenti, riuscisse a corromperla moralmente; ma ogni tentativo si rivelò vano.
A quel punto, il proconsole, avvalendosi dell’editto di persecuzione contro i cristiani emanato dall’Imperatore Romano, avviò un processo contro la ragazza tentando di piegarla al suo volere. Ma nulla riuscì a far desistere Agata dalla sua decisione tanto da essere torturata barbaramente fino al taglio delle mammelle.
Agonizzante venne rinchiusa in una cella dove durante la notte le apparve San Pietro che le medicò e le sanò le ferite. Trascorsi quattro giorni venne portata in piazza per essere bruciata viva. Mentre Quinziano era sul punto di compiere tale atrocità, vi fu un fortissimo terremoto che, interpretato come un segno divino, lo fece desistere dal proseguire la sua vendetta.
La fede incrollabile della ragazza la condannò all’ultima delle torture, un letto di tizzoni ardenti, e durante la quale si racconta di un altro prodigioso evento: mentre il corpo di Agata veniva martoriato dal fuoco, il velo rosso, simbolo della sua consacrazione a Dio, non bruciava. Dopo il supplizio, Agata morì in carcere il 5 febbraio 251.
Il suo corpo venne imbalsamato e avvolto in un velo rosso che, si racconta, fermò più volte la lava che minacciava la città, come avvenne ad un anno esatto dalla sua morte. In seguito a questi prodigi miracolosi, Agata fu proclamata santa.

La festa.
Sant’Agata, Patrona della città di Catania è la terza manifestazione religiosa più importante al mondo, dopo la Settimana Santa di Siviglia e la Festa del Corpus Domini di Guzco in Perù, proprio per il numero di persone che coinvolge e attira. Si celebra in onore della santa patrona della città, e si svolge tutti gli anni dal 3 al 5 febbraio e il 17 agosto.
La giornata del 3 febbraio inizia con la processione per l’offerta della cera a cui sono presenti oltre che cittadini e turisti, le più alte cariche religiose e istituzionali della città, concludendosi la sera in Piazza Duomo con il caratteristico spettacolo dei fuochi del 3 febbraio.
Realmente, però, la festa religiosa comincia la mattina del 4 febbraio con la messa dell’Aurora, quando il busto reliquiario di sant’Agata, dopo un anno di attesa, viene portato fuori dalla stanza che lo ha custodito, e “consegnato” ai devoti che lo porteranno in processione lungo un percorso esterno della città che si concluderà con il rientro nella Basilica Cattedrale in tarda notte, spesso alle prime luci dell’alba.
In tutte le strade principali del centro storico di Catania vengono approntate delle illuminazioni artistiche che conferiscono una particolare luce di festa a tutta la città. Tutti gli anni le decorazioni e gli ornamenti vengono cambiati, ma l’effetto è sempre molto suggestivo.
Il culmine di queste luci si ha nella parte alta di via San Giuliano, dove viene realizzato un enorme pannello che, tramite un grande mosaico colorato, fa sì che venga raffigurata una scena della vita di Sant’Agata.
Molto antica è la tradizione delle cannalori (dette anche “candelore”). In principio erano dei carri allegorici di Carnevale, oggi rappresentano le corporazioni delle arti e dei mestieri della città. Si tratta di grosse costruzioni in legno scolpite e dorate in superficie, costruite nello stile del barocco siciliano e contenenti al centro un grosso cereo.
Il fercolo di sant’Agata (in siciliano “a vara”) è un tempietto di argento che ricopre una struttura in legno che trasporta il busto-reliquiario della santa catanese e lo scrigno entro cui sono custodite tutte le reliquie della patrona. Costruito nel 1518, in stile rinascimentale, è ornato, sul tetto di copertura, da dodici statue raffiguranti gli apostoli.
I devoti che trainano il fercolo vestono un saio di cotone bianco detto saccu, ovvero un copricapo di velluto nero detto scuzzitta, un cordone bianco legato in vita, dei guanti bianchi e un fazzoletto bianco, che viene agitato al grido “Semu tutti divoti, tutti. Cittadini, cittadini! Viva sant’Àjita!”.

Tipicità culinarie.
Sant’Agata non è solamente religiosità e folklore ma anche prelibatezze culinarie. Tra i dolci tipici della manifestazione vi sono le cassatelle, dette anche “minni di Sant’Ajita” e le olivette.
Il dolce viene considerato un omaggio al martirio e alla mutilazione delle mammelle. Esso è costituito da una base di pan di Spagna, imbevuta di rosolio, ripiena di ricotta addolcita con zucchero, arricchita con gocce di cioccolata e canditi.
Queste cassatelle vengono poi ricoperte da una glassa di zucchero, adornate da ciliege candite, che conferiscono ad esse le sembianze di vere e proprie mammelle.
Famose anche le “olivette di Sant’Agata”, in siciliano “aliveddi ri Sant’Aita” sono dolci di pasta di mandorla color verde acceso, ricoperti di zucchero o di cioccolato, dalla forma simile a quella di un’oliva.
Secondo la tradizione, Agata, inseguita dagli uomini del proconsole Quinziano, si sarebbe fermata a riposare un istante e, mentre si accingeva ad allacciarsi un calzare, d’improvviso, le sarebbe comparso un ulivo, albero dall’imponente fusto, all’ombra del quale la giovane ebbe la possibilità di ripararsi e soprattutto cibarsi dei suoi frutti.
Ancora oggi, per rinnovare il ricordo di quell’evento prodigioso, è tradizione coltivare un albero di ulivo in un’aiuola vicino ai luoghi del martirio, e consumare durante i giorni di festa questi dolci tipici realizzati con la pasta reale.
*Ringraziamo il Bar Magrì di Catania, con sede in Via Vittorio Veneto, per aver collaborato insieme a noi di Siculae Terra mettendo a disposizione queste magnifiche cassatelle e olivette preparate in onore della festa di Sant’Agata.
Commenti recenti